Il gruppo di teatro del liceo cantonale di Lugano 1 sta lavorando su risate proposte da Neil Simon.
Il 9 e 10 maggio 2019 lo spettacolo sarà in scena al teatro Foce a Lugano, ore 18.30 e 20.30!
A vederci presto!
gli Apatici e la loro essenza
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Scrivete l'inizio della vostra storia: sbizzarritevi con possibili battute di apertura o con sketch da vedere e sentire nelle vostre parole.
(In fotografia, lavori di venerdì 25 ottobre e venerdì 20 dicembre 2013)
Al supermercato: Un uomo guarda la cima dello scaffale e chiama un commesso "Signore,scusi mi può dire il prezzo di questo articolo?" "Certamente signora, quale articolo?" "Il caffe in alto, in cima allo scaffale, quel pacchetto grande, pesante e costoso." Dopo lunghi minuti in cui il commesso Tira fuori una scala per raggiungere il punto più alto dello scaffale dove giace il costoso pacco di caffe. Una volta arrivato il commesso scende e porge il caffe al cliente. "Ecco a lei signore" "Cosa me ne faccio?" "Beh lo compra" "No io volevo solo sapere il prezzo non lo volevo comprare, ora lo rimetta al suo posto"
Compiti per venerdì 10 gennaio: ogni componente del gruppo scriva - nome del personaggio che verrà interpretato; - status sociale, età, carriera e professione, se lavoratore; - hobby e possibile sogno o sogni nel cassetto; - il prodotto o i prodotti che cerca e le motivazioni del possibile acquisto.
La stanza dove avviene l’incontro è la suite Palace dell’hotel Splendid di Lugano. Sono le ore 15.15. Io sono Nicole Gardner e questa è un’intervista fatta alla ragazza che in questo periodo sta avendo un successo incredibile nel settore delle chat erotiche.
Appena apro la porta della splendida camera (mi manca il fiato N.d.R.) un odore inebriante di gigli mi invade le narici; sulla mia destra c’è un mazzo di fiori gigante con un biglietto rosso rubino che spicca tra tutti quei fiori bianchi. Il sole brilla in un cielo primaverile; le tende della stanza si muovono sinuose trasportate dalla corrente che filtra dalla finestra come se danzassero su una melodia udibile solo a loro. “Esse” non sembra essere nella stanza. Non sono mai stata una persona puntuale, anzi nella mia giovinezza ero sovente in ritardo, ma oggi non potevo, oggi dovevo essere puntuale, non capitano tutti i giorni interviste di questo genere (sono veramente ansiosa N.d.R.). Decido, così, di andare a prendere una boccata d’aria sul balcone, ma appena metto la testa fuori un rapido movimento cattura il mio sguardo. Mi giro. La vedo. Sta seduta su una sedia di ferro battuto laccata di bianco, indossa una vestaglia color porpora che le lascia scoperte le lunghe gambe ed una parte del petto. I suoi lunghi capelli corvini sono sciolti e si allargano sulla schiena formando un ventaglio. Si gira verso di me con nonchalance e mi fa segno di aspettare la fine della telefonata (solo adesso mi rendo conto che è al telefono N.d.R.), poi imperterrita continua a limarsi le unghie accennando ogni tanto un “oh si, cossì ti piace eh?” oppure “dimi parola puorca!” al suo interlocutore. Decido di aspettarla dentro (ero un po’ a disagio N.d.R.). Dopo qualche minuto mi raggiunge e si lascia cadere con estrema grazia sul divano in faccia alla poltrona sulla quale sono seduta. Prima che possa incominciare con qualsiasi domanda “Esse” scoppia in una risata cristallina e mi chiede scusa per l’attesa e per avermi messa in imbarazzo; dice che la mia faccia paonazza sconcertata farà fatica a dimenticarla. Dopodiché ordiniamo due tazze di the alla rosa canina e siamo pronte per incominciare.
Come prima domanda voglio sapere se posso conoscere il suo vero nome, in modo da instaurare con lei un rapporto più profondo.
Esse, con il suo tono di voce suadente mi risponde:
• “Certi cara, mio vero nome è Svetlana Novikova, ma tuti, miei amici e clienti e conoscenti mi chiamano “Esse”. Pero oggi giorno speciale qvindi chiami me come vuoi”
o “Allora Svetlana, poiché siamo già in ballo, ti va di raccontarmi cosa fai nella vita?”
• “Allori, io lavori in una chat telefonica erotica, tu prima hai assistito ad una di quelli” –ridacchia ancora. Poi diventa subito seria ed il suo sguardo si perde nel vuoto, lontano.- “Quand’eri piccola io volevi fare la ballerina, volevi ballare al Teatro Bol'šoj con grandi stelle come Majja Pliseckaja, ma vita non va mai come ci programmiamo, non trovi?”
Lo dice con una malinconia che mi s’insinua nel cuore. Cerco con lo sguardo qualcosa che indichi un infortunio, ma tutto il suo corpo, a partire dalle gambe, è candido ed immacolato. Non mi è chiaro il perché non abbia perseguito questa sua passione che ora è diventata rimpianto. Glielo chiedo, le chiedo cosa le ha impedito di realizzare i suoi sogni.
Mi risponde che non è una bella storia, che non finisce bene ma che è vera, e di storie vere ce ne sono poche ai nostri tempi. Prima di incominciare si porta alle labbra la tazza fumante e sorseggia la sua tisana rossa. Uno, due, tre sorsi, poi la ripone. I suoi occhi si perdono in un ricordo lontano, lontano da me, dalla stanza… poi riprendono vita e si posano su di me. Ricambio lo sguardo, cercando di rassicurarla, non so cosa mi stia per raccontare ma non sembra facile parlarne con una sconosciuta. Mi sorride timidamente, respira profondamente, gioca con una ciocca di capelli in modo violento. Infine incomincia a raccontare la sua storia.
• “Come si può capire da mio acenti e nome io venghi da Russia, dala grande e belissima Moscow. Mia familia era numerosi ed io ero unica femina e più picola, qvesto significa solo avanzi. Così io non mi sono mai lamentata, studiavi e mi esercitavi a ballare da sola in mia cameretta qvando nessuno poteva vedermi. Li ani– si ferma e ridacchia, dice che ani non era la parola che voleva usare- … li anni passavano e qvando arrivai ai 7, la mia vita cambia per sempri. (improvvisamente si incupisce e si raggomitola) Era una sera come tante altri passate, in casa non c’era nessuni, ed io ballavi con un publico di pupazzi che mi aplaudiva. Improvvisamenti alle mie spalle qvalcuno applaudiva sul serio. Due mani forti e callosi mi presero da dietro, alla mia picola vita, e mi spinsero sul letto libero –di mio fratello Vlad- e poi la mia vità da bambina andò in frantumi. Il mio papa mi ruppe.”
Faccio fatica a mantenere lo sguardo, devo bere un sorso di qualsiasi cosa. Sono senza fiato, dispiaciuta ma allo stesso tempo voglio sapere di più. Dopo un breve, o lungo, silenzio Svetlana ricomincia a parlare:
• “Avevo 8 anni, qvando mio papa mi feci conoscere i suoi amici. Avevo 8 anni qvando smisi di uscire di casa. Avevo 8 anni qvando capii che mia vita sarebbe stata così fino a quando sarei stata in quela casa. A 16 scappii qvi in Svizzera con mia amica Katja, che mi insegnò un poco di italiano. Così promisi a me che non avrei fatto più del male a mio corpo e anima, in qvesto modo usai nome segreto, Esse, e incomincia a lavorare in chat –mi guarda mortificata-… era unica cosa sapevo fare, far star bene uomini.”
Si prende un altro momento di pausa, si alza, sempre con grazia e si porta alla finestra con un passo leggero, quasi stesse volando. Si gira verso di me ed il suo viso è rilassato. Continua:
• “Pero non meto emozioni in quelo che facio ora! Io parli al telefono stacata da qvelo che dico, ne parlo per strada, mentre mi meto smalto, mentre facci spesa… forse è qvesto che mi fa vivere bene, io ho vita, amici e lavoro che paga bene, molto bene, ma che non mi fa male, non più. Quando parli al telefono è come se staccassi mie emozioni e diventassi robot (Svevi si mette a fare una mossa da robot), recito una parte, divento apatichi, -no, non è qvesta parola giusta- apatica ma, una volta riattaccato ricomincio a prendere coscienza dei miei gesti e di mie parole.”
Non so se essere sconcertata o ammirare la sua forza. Non mi aspettavo una simile dichiarazione. Ora che ci penso non so cosa pensavo di fare con questa intervista, volevo conoscerla meglio, nel settore è la migliore ed ha solo 22 anni. Per smorzare la tensione le chiedo cosa fa quando è al telefono al supermercato.
• “beh, qvando io vadi fare spesina, io compri sempre smalti. Sai a me piace loro odori, quelo un po’ dolce e un po’ marcio… come fiori putrido, ma con profumino ancora –ride e mi fa annusare le sue unghie laccate di rosso- (in effetti non è molto buono N.d.R). La cosa divertente qvando telefono suona in supermercato è che io parlo continuando a fare mie cose, senza dare peso a qvelo che dico, ma le persone da fuori rimangono scandalizati.. poverini! –ride- dovresti vedere le loro facie, sono come qvela che hai fato tu un’ora fa!!”
Esperienza magnifica,liberatrice quando gli uomini imparano ad aiutarsi l'un l'altro. Ciascuno di noi ha un immenso bisogno d'essere ascoltato realmente d'essere preso sul serio d'essere capito in profondità. Nessuno può svilupparsi liberamente nessuno può vivere pienamente senza sentirsi capito almeno da una persona. … Ascoltate invece le conversazioni tanto fra le nazioni che fra le coppie quasi sempre sono dialoghi tra sordi. -Paul Tournier Questa poesia mi ha fatto riflettere sulla nostra idea iniziale, quella di trasmettere un'assenza di comunicazione, ognuno é perso nella sua realtà e non riesce ad entrare in sintonia con l'altro.
Sempre, a livello di comunicazione, ho letto un libro molto interessante che tratta della ' scoperta di sé stessi', all'interno vengono trattati temi come 'La comunicazione, i rapporti interpersonali:' e ho pensato potessero servirci da spunti per creare le nostre conversazioni tra i personaggi al supermercato. Il libro s'intitola 'Perchè ho paura di dirti chi sono ed é di John Powell', l'ho trovato su uno scaffale della mio soggiorno e mi ha fatto pensare molto in questi ultimi giorni.
Ciascuno di noi si protegge dagli altri 'barricandosi dietro la sua arroganza,la sua ipocrisia, i suoi atteggiamenti sofisticati'. Nel libro a questo punto mi ha colpito una frase:' Ogni individuo sembra essere lì per vivere la propria solitudine assieme agli altri'. Questa situazione é quella che avviene utilizzando il quinto stadio di comunicazione, i personaggi comunicano fra loro con frasi convenzionali: ' Come va? È guarito tuo fratello? Cosa hai fatto nelle vacanze? Che bella borsa! A presto! Ci sentiamo!.' Pensavo dunque di iniziare la scena facendo interagire i personaggi in questo modo, molto superficialmente. Nel film il laureato viene descritta questa situazione, da Paul Simmons: 'Nella nuda notte io vidi diecimila persone, forse di più. Chiacchieravano senza parlare sentivano senza ascoltare scrivevano canzoni che mai voci avrebbero condiviso. E non c'era chi osasse disturbare i suoni del silenzio.'
Le interazioni tra i personaggi potrebbero ora complicarsi un po', ed é cosi che entreremmo nel quarto stadio della comunicazione, e si potrebbero avere dei dialoghi basati sul riferire i fatti. Un esempio potrebbe essere un dialogo tra due personaggi riguardo Svetlana, riguardo a quello che fa, magari esagerando le sue vicende passate, magari con commenti fuori luogo. Il nostro gruppo é il gruppo dell'apatia, é un gruppo di persone che ha paura (?) di essere accettato dalla società, e se affronta il rischio di rivelare alcuni giudizi e decisioni é molto cauto. Alla minima smorfia, occhiataccia si tira indietro. A questo punto ci sarebbe il secondo stadio della comunicazione, quello delle emozioni. Un altro passaggio del libro a riguardo:'Nessuno sperimenta il mio stesso senso di frustrazione, soffre per le mie stesse paure, sente le mie medesime passioni. Nessuno si oppone alla guerra con la mia indignazione...' Insomma, é chiaro che le emozioni sono fondamentali per interagire con gli altri, ma noi, abbiamo deciso di rimanere nella nostra bolla di sapone, fragilissima, di non uscire. Noi siamo apatici, non trasmettiamo emozioni. Siamo molto più bravi a fingere, ci basiamo su un rapporto superficiale, sulla finta empatia.
Ed é qui che avverrebbe la svolta: a questo punto della storia, dopo vari dialoghi privi di senso, dopo una bella litigata alla cassa sul migliore prodotto, dopo tanti scambi di idee é chiara la mancanza di profondità dei personaggi, la loro assenza di sentimenti. Ed é in questo momento che avviene il black out, l'elettricità non passa più, ci ritroviamo tutti al buio. Ed é al buio che lentamente usciamo dalla nostra bolla di sapone, nel libro che fornisce un'enorme quantità di spunti, viene presa in considerazione una metafora dell'uomo in prigione: ognuno di noi é in una cella ma la porta non é sprangata, egli é liberissimo di andarsene ma ha paura dei pericoli che può incontrare fuori, si sente protetto là dietro i muri della prigionia. 'egli é interiormente diviso, da una parte un bisogno quasi disperato di quel mondo, di quella gente, dall'altra parte una paura quasi disperata d'esser respinto se uscisse dall'isolamento.' In questo momento decidiamo di uscire dalla bolla di sapone, dalla prigione e comunichiamo. Senza filtri, realmente. ' Siamo come degli strumenti musicali che suonano esattamente la stessa nota e che danno esattamente lo stesso suono.' Insomma, l'idea del balletto classico in sintonia dovrebbe rappresentare questo: i nostri personaggi comunicano, evadono dalla realtà e si aprono gli uni con gli altri. I nostri personaggi sono capaci di entrare in sintonia solo al buio, perchè poi al riaccendersi delle luci tutto tornerà come prima, ci sarà chi farà finta di niente e chi scapperà spaventato.
Io interpreto un venticinquenne di nome Arturo. Egli è un cassiere annoiato e disinvolto di un supermercato. Arturo lavora solo per poter campare (come del resto molte persone al giorno d’oggi fanno). Durante le ore di punta la sua mente viaggia, viaggia lontano da quell'orribile lavoro. Al di fuori dal suo lavoro, egli è una persona come tutte le altre: interagisce con le altre persone, si interessa su fatti a lui non chiari, vive in serenità e segue la sua più grande passione: fare lunghe camminate riflessive per la natura, l’unica azione che gli riempie il cuore di felicità. Insomma al di fuori dal negozio il personaggio cambia del tutto personalità: il lavoro è per lui come un oppressione che giorno dopo giorno peggiora e fa aumentare la malinconia della libertà. Il suo sogno più grande è quello di, un giorno, non dover lavorare per un capo, per una persona che sta sopra di lui e sentirsi dire dalla mattina alla sera fino all’ultimo giorno del pensionamento cosa deve o non deve fare. L’unico prodotto che vorrebbe in cima ad un scafale, ma che purtroppo non ci sarà mai e mai potrà essere comprata, è la libertà.
Molte persone giudicheranno questo personaggio un rivoluzionario, un nullafacente e forse anche un immaturo ragazzino che sogna ad occhi aperti cose che mai e poi mai potranno essere realizzate, ma che in fondo la maggior parte di noi spera in un mondo molto simile a quello nella mente di questo umile cassiere.
Sono una studentessa, ho appena finito gli esami di maturità.Ho appena compiuto 19 anni e mi chiamo Diana Ponti. Ora é il momento di sceglier l'università, é tutto così stressante.Non so cosa fare, dove iscrivermi. Mi sembra quasi di soffocare, tutti si aspettano che faccia la scelta giusta e io non ho nessuna idea di come fare. Le aspettative degli altri mi hanno sempre messo ansia. Ho sempre avuto paura di non essere abbastanza, la voce di mio padre rimbomba ancora nella mia testa, da quando ero una bambina come una registrazione rotta... “sei un'incapace, non andrai da nessuna parte in questo modo”. Sono cresciuta così, diventata grande troppo in fretta, con troppe responsabilità. E ora sono persa, mi sto rendendo conto che devo crescere, le decisioni che prenderò ora saranno quelle definitive che mi porterò dietro tutta la vita. Mi é sempre importato troppo di quello che la gente pensava di me, ma adesso basta, sono stufa.Non sono il tipo di ragazza che riesce a relazionarsi bene con gli altri, sono sempre un po' assente, distante. Ho troppa paura di essere giudicata, forse questo é il problema più grande. Mi preoccupo troppo, l'unico modo per rilassarmi e dimenticarmi delle aspettative e delle responsabilità che ho é disegnare, figure astratte principalmente, così da staccarmi dalle voci, dai pensieri. In modo da evadere dalla scelta dell'università. Disegno figure, linee, a volte dipingo addirittura su tela. Odio fare la spesa al supermercato, gli unici prodotti che mi piacciono acquistare sono le tisane. Quelle per rilassarmi, per dormire e per staccarmi dallo stress quotidiano. La camomilla é il miglior prodotto in vendita, riscalda nelle serate di inverno, concilia il sonno, coccola e fa dimenticare di problemi, delle paure. Attutisce tutto, riesce a farmi scivolare in una dimensione ovattata, dove anche le mie preoccupazioni più grandi sembrano insignificanti.
Samuel: "Io ho creato mentalmente il mio personaggio dandogli le sembianze di un folle e gentile nobiluomo inglese di trent’anni di nome Sir.Foolish o’Connor con l’hobby della caccia. Un giorno, ponendosi domande impossibili, filosofiche e poetiche: su chi fosse lui, se avesse o no un anima, se fosse lui o no la sua anima o se fosse in un sogno.Si estrania da tutto distaccandosi da ogni sentimento, non arrivando a una soluzione alle sue domande. Egli aspira alla risposta di tutte le sue domande Cerca quindi un fucile che riesca, con il suono del suo sparo ad aprirgli la mente o un libro con pagine vuote già riempite di scritte che sarebbero in fatto le risposte che cerca
Ho anche una poesia per descrivere i quesiti che si pone.
ho io un'anima? ho io una ragione? é qui che nasce il pensiero ed é qui che muore questa sottile lama perquote da sempre il mio io interiore ho io un pensiero? ho io potere? qui si crea ed é qui che si distrugge io sono forse in un sogno? o sono forse io un sogno? sono forse vivo? posso io amare? posso io divenire amore? posso io scomparire senza mai farmi nominare? ho io un preciso destino? o sono il mio preciso destino? ho io un'anima? o sono io la mia anima? io sono ciò che posso? o sono ciò che immagino? io sono ciò che creo? o sono ciò che distruggo? io sono colui che scrive? o sono colui che legge? io sono voi? anime convinte o voi siete me? anime tormentate detesto del pensier queste domande mi estranio dal conviver con queste lame" Samuel
Io mi chiamo Jonas Valker, Sono alla ricerca della conoscenza; è il mio unico obbiettivo. Ansia. La mia vita mi è indifferente, anzi, mi schifa. Passo le giornate sui libri, trasmettono quella fredda conoscenze che mi permette di assopire l'illusione e la falsità filosofica che scuote l'animo ed è avversa alla ragione. Io provo piacere nel sapere. Io un giorno farò parte della classe dirigente poiché così mi è stato detto; di certo non ci arriva chi crede nella moralità, nella fiducia o nell'amore, ma piuttosto, chi sa. Lo strumento della ragione è quello con cui potrò pormi al di sopra di chiunque altro. È lo strumento del potere e dell'oppressione. La mia vita è il frutto dell'errore di applicazione di apparati medico-scientifici, oppure della loro scarsa qualità dovuta alle fabbriche di questi fottuti musi gialli che annacquano la nostra economia. Mia madre mi ha sempre odiato perché non mi ha mai desiderato. Mio padre passava le giornate ad ubriacarsi e a scopare con puttane di strada; Russe immigrate del cazzo. Ho 22 anni e sto finendo gli studi; non vedo l'ora di andarmene da questo fottuto posto, la mia vita sembra il cliché del tipico Americano sfigato senza genitori. Io voglio essere qualcosa di più, per questo studio, e quando non studio mi drogo per cancellare ciò che mi circonda. Sono solo e mi piace farmi compagnia; sono l'unico che parla volentieri con me; ma un giorno io sarò di più, il lusso sarà mio amico e nessuno potrà sgridarmi, punirmi, fermarmi. Perchè io studio e non amo; so e non sogno; calcolo e non reagisco. In un momento di lucidità decido di dirigermi in un supermercato poiché mi mancano alcune cose in casa, vivo in una topaia, solo, da circa otto anni. Prendo pasta, carta igienica e un po' di burro, non mi importa la qualità ma cerco di risparmiare il più possibile; non me ne frega molto. Io ci lavoro in questo cazzo di posto, praticamente ci vivo. Ho scoperto che anche i cinesi studiano e la loro carne costa di meno. Questo però che cazzo di diritto gli da per essere il direttore mentre io pulisco i pavimenti lordati da clienti e superiori con la mia inutile laurea? Carta Straccia. Torno a casa, un pacchetto nuovo di sigarette in tasca, prendo la mia scatola e mi preparo ad un'altro viaggio in un passato sporco di merda che immaginava un florido futuro. Predestinazione o Caste. Futuro e Ricordi. Ragione e Illusione. L'importante è sentire la parola fine.
Forse sono un po' stressata, spesso quando entro al supermercato non ho molto tempo da perdere, sono nervosa, devo tornare a fare cose più pratiche. Detesto fare la spesa, e questo si nota, la gente che passeggia assorta, che si perde tra gli scaffali mi scoccia, non ho tempo... Essere una studentessa é faticoso, ci sono moltissime cose da fare, esami per cui studiare e bisogna organizzarsi. Bisogna muoversi velocemente, diretti al punto, diretti allo scaffale, diretti alla cassa. La gente mi guarda, mi punta il dito contro, è dietro di me mi giudica, li sento dire che una ragazza che neanche ha vent'anni non dovrebbe comportarsi cosi, non dovrebbe essere cosi tesa. Sento che hanno da ridire sulla mia buona educazione, non do precedenza alle vecchiette con il carrello. Io mi preoccupo troppo di quello che pensano gli altri, da bambina mi hanno sempre ripetuto di non alzare la voce, di non rispondere male, di non uscire vestita in modo poco decoroso, di non bestemmiare. E tutte queste voci sono dentro di me. Non posso fregarmene. La gente chissà cosa pensa di me...di sicuro mi giudica. Penserà che sono una schizzata probabilmente, una schizzata che ha ricevuto troppo dalla vita, una viziata figlia di papà, una che neanche sa cosa vuol dire avere un problema veramente. Io, in fondo devo solo scegliere l'università. Eppure,..ogni tanto mi sembra di soffocare, e la paura di non essere all'altezza é sempre presente, sono tutti meglio di me, sanno fregarsene dei pensieri degli altri, vivono bene, tranquillamente. E allora voglio essere io a giudicare per prima, cerco di seguire gli schemi dettati dalla società, so quali sono le cose disdicevoli, quelle amorali,quali sono i tabù, sono intrappolata, imprigionata in questi schemi. E non riesco ad uscirne,... quelle persone, cosi libere, che si esprimono senza troppe preoccupazioni, quelle donne cosi sensuali, cosi intriganti, che sanno farsi guardare, ma non attirano sguardi di disprezzo o giudizi come se fossero dei bambini ansiosi cresciuti troppo in fretta, quelle donne che sanno cosa vuol dire sentirsi desiderate... le invidio. Ho sempre avuto paura di espormi troppo, in questa società cosi assillante, non mi sono mai sentita donna forse, non mi sono mai sentita sensuale. Ed é questo che mi dà più problemi: il confronto con gli altri. Io ho bisogno di calmarmi, di rilassarmi, di rendermi conto che dopotutto tutta questa ansia non ha senso, cerco il confronto perchè é la cosa di cui più ho paura. Voglio sfogarmi, con chiunque, voglio affrontare le donne cosi aperte, cosi estroverse, voglio gettarle addosso tutto il mio disprezzo voglio urlare, e so di non usare parole mie, sono tutte frasi già sentite dire, frasi che non mi appartengono, dettate dalla morale. Ed é cosi, avvicinandomi e mascherandomi dietro a frasi fatte che cerco me stessa. Ed é cosi che scopro il mondo, quello vero, quello che nessuno mi ha mai spiegato. Dico di volere una tisana calmante, entro al supermercato con lo scopo di rifornire la mia dispensa di camomilla e il più delle volte torno a casa dopo la spesa con tre- quattro tipi diversi di camomilla, solo perchè ho bisogno di fermarmi, fare bollire l'acqua e inalare l'odore del thè caldo, ho bisogno di fermarmi e smettere di pensare troppo, voglio vedere l'acqua che cambia colore, che si scurisce, che cambia. Voglio cambiare anche io. -Gaia
Io l'anima ce l'ho. Sì, la sento dentro di me, si muove, fluttua nei miei pensieri e nel mio cuore, sebbene io abbia avuto una vita dura. L'infanzia mi è stata strappata ancor prima di poterle dare dei ricordi, ora in quella parte della memoria aleggia solo dell'odore nauseabondo del dopobarba che usava mio padre. Il mio candore coperto da uno strato pesante di schiuma bianca. Sono cresciuta prima del tempo, sono cambiata, cambiamento che non tutte le persone fanno nella loro vita, eppure sono qui, ed ho la forza di parlarne, a testa alta. Ammetto che non è stato facile trovare una via di fuga da questi eventi traumatici, anzi tutt'ora mi perseguitano negli incubi, ma non mi sono lasciata soffocare da dipendenze nocive come la droga, l'alcool, no io volevo dimenticare e continuare a vivere. Per questo motivo dovevo eliminare quell'odore pungente che mi perseguitava ovunque andassi. Ho provato con aerosol al mentolo tre volte al giorno, poi sono passata a provare a respirare solo con la bocca (il che diventava impossibile duranti i pasti) e poi ho trovato la mia ancora di salvezza. Lo smalto BLU NOTTE. Era una giornata di fine inverno, stavo seduta sulla mia sedia di ferro battuto in veranda e mi stavo mettendo lo smalto. Una volta passata la seconda mano feci prendere aria alle unghie agitando le mie braccia come se avessi delle ali, poi le portai vicino alle labbra per soffiarci sopra. Prima, però, inalai. Un brivido di piacere intenso mi percorse la schiena, nella mia testa scoppiarono un sacco di fuochi d'artificio, tanti piccoli pop-corn colorati, poff poff, volavo. Questa è stata la mia prima esperienza di overdose da smalto. Da quando la provai l'odore di dopobarba scomparve come l'ombra dell'uomo pesante che mi veniva a trovare. Per questo motivo ne vado a comperare una quantità industriale nel negozietto in paese, è l'unico che ha quell'odore così penetrante ed asfissiante da fammi dimenticare quelle oscenità e darmi la possibilità di vivere una giornata serena.
Mi si chiede che cosa cerco, forse un nome, ma come si può cercare qualcosa quando si è persi all'interno della propria stessa anima? (tralasciando quell'idiota che filosofeggia solo per il gusto di sentirsi parlare). Io sono in questo posto rinchiuso come un usignolo nella gabbia; sono perfettamente consapevole di quello che sono e quanto valgo, sono gli altri che non comprendono il mio valore; maledetta democrazia. Senza di essa ci sarebbero molti meno problemi, non ci sarebbero inutili guerre per le risorse prime o stupide lotte civili per l'acquisizione di diritti; hai bisogno di petrolio? Bene! prendi un equipe di negri e qualche cinese e li metti per pochi spiccioli a bucare la terra che alcuni osano chiamare "madre". Ma quando mai il grembo di una madre può diventare la tua stessa tomba? Noi siamo letteralmente degli aborti della nostra stessa madre! Rimaniamo nel suo grembo per tutta la vita e poi moriamo per essere riassorbiti e trasformati in elementi fondamentali che verranno usati per generare altri aborti... un terribile circolo vizioso che alcuni chiamano VITA! Dove cazzo la vedete la vita qua dentro?! Siete tutti qui, chi con un cellulare e chi con un fucile; voglio uscire non solo perché è finito il mio turno di lavoro ma perché non riesco a sopportare la vista di un'umanità che non riesce più a vedere oltre il suo stesso naso. Voi non avete paura della morte? Non vedete che qualcosa oltre di voi vi porta all'inutile tentativo di dare un senso alla vostra esistenza? Io voglio essere il vostro maestro. Ho studiato per farlo. Io potevo salvarvi ma voi mi avete messo in questo angusto locale a pulire lo sporco della sporcizia... io pulisco gli scarti di esseri che sono essi stessi scarti; esiste forse una forma più bassa di frustrazione e inutilità?
C'è chi cerca la speranza, c'è chi cerca passione; c'è chi semplicemente, e sono in assoluto il gruppo più folto, si uccidono fra consanguinei per SESSO e POTERE. Considerando che dopotutto il potere è una forma di perversione sessuale allora il centro stesso del desiderio umano è il sesso. Come faccio io ad allontanarmi da un desiderio comune alla mia specie? Non posso! Sono un scarto e ho i desideri degli altri scarti. Aspetto solo di essere tirato fuori dal magazzino, come le vivande scadute di cui mi sto occupando, e di essere buttato via così da concludere questa storia. Questo è quello che cerco; che però non si può dire la morte. Voglio allontanarmi, essere solo non basta, tanto da essere, in un certo senso, sopra a tutti gli altri. Ora che so che non posso dominarli, come sempre mi era stato detto, con la ragione, gli studi, e la capacità, decido di dominarli uscendo dall'insieme di definizione; perché se sei fuori da un insieme allora puoi sorvegliarlo, osservarlo e in un certo senso influenzarlo. Io non potrò mai essere diverso ma sicuramente posso essere una "merda d'artista".
Non fui mai anima viva e non fui mai nemmeno vivo.Essendo io nato e cresciuto nell'agio e nella ricchezza, non ho mai dovuto veramente lavorare, non ho mai veramente dovuto pensare, né ho mai dovuto plasmare il mio io interiore, ci hanno sempre pensato i miei genitori e insegnanti. Con l'avanzare dell'età questo buco ,lasciato dal essere biologicamente vivo ma mentalmente un automa, si é trasformato in uno stato fondamentale di dubbio o dubbi, dubbi che partono dalla fondamentale delle domande. Cosa sono io? Sono vivo? Ho io un' anima? Queste domande hanno bisogno di una risposta e la risposta è in sé la vita, quelle sensazioni forti che ti portano a capire di essere realmente vivo come ad esempio la paura o la sorpresa. Il mio personaggio ha bisogno, e solo ora me ne accorgo, di un solo proiettile e uno soltanto perché sebbene lui cerchi, attraverso la caccia, di trovare la sua anima in tutti i modi, la preda non ha il fucile, deve essere presa con un colpo solo. Altrimenti non è leale.
Non capisco tutte queste aspirazioni ad una non omoglogazione immaginaria, l'autocommiserazione tipica di chi non è abbastanza furbo da farsi i fatti suoi, e sbandiera davanti a tutti una prestesa diversità; al contempo però sono contento che ci sia gente così, costa meno del cinema. L'unica cosa che cerco è di annoiarmi di meno, e queste persone sicuramente servono, almeno in parte, allo scopo.
Io sono una persona come tutte le altre: provo sentimenti, mi rallegro, mi rattristo, sorrido,… anche se quando sono a lavoro questa mia parte rimane nascosta dentro di me. Fare il cassiere mi toglie ogni emozione e voglia di vivere, l’unica cosa del mio lavoro che mi rallegra, è la busta paga. Tutti i clienti che entrano, mi parlano dei loro problemi e della loro vita, come se a me interessasse qualcosa. Come entro alla mattina nel negozio, i miei sentimenti vengono gettati via, come se diventassi una persona nuova. Trovo che questa non sia vita, questa è oppressione. Io non sono libero di vivere, e sicuramente questo lavoro mi impedisce di esprimere le mie emozioni. Il mio più grande desiderio, oltre ad avere abbastanza soldi da non dover più lavorare in quell’orribile negozio, è quello di un giorno essere libero: dove non ci sarà nessuno che mi dirà cosa devo o non devo fare.
Non è molto che vivo in questa città, le persone quindi non mi conoscono ancora bene ma sicuramente lo faranno presto. Io porto disordine e voglio impressionare la gente, in senso positivo o negativo per me non ha importanza. Ho bisogno di attenzione da parte di tutti, sono egocentrico e narcisista. Siccome non ho nulla di interessante da dire mi comporto in modo sconveniente e arrogante, rendendomi antipatico alla maggior parte delle persone che incontro. Ma questo è l'unico modo in cui riesco a rimanere nella memoria delle persone ed è ciò che voglio. Tutto deve andare come lo voglio io perche io sono il re della strada!
sempre Vincenzo -17 gennaio 2014 (su fb) Io interpreto Fred Stanley e ho 23 anni. Lavoro come impiegato d'ufficio, dove la vita é monotona e mi sento in gabbia. Quando però riesco a liberarmi di questa pesantezza esplodo di movimento e di vivacità, ballando o semplicemente muovendomi mi sento me stesso. Il prodotto con il quale mi identifico é il gel per capelli con il quale posso modificare il mio aspetto e mi aiuta a sentirmi diverso da quell'animale d'ufficio che non voglio essere.
Quali sono le Epoche di cui parlerete? E il Cambiamento cosa riguarderà? Esponete i vostri approfondimenti. (Fotografia di opera di allievi dell'Accademia di Architettura di Mendrisio, lì esposta, dicembre 2013, e lavoro teatrale di venerdì 20 dicembre)
fotografie del Corso per adulti , diretto dalla fotografa Michou Manzolini Bühring, scattate il 10 marzo 2012 Cari attori, scrivete sotto il vostro personaggio tutte le emozioni e le intenzioni che avete interpretato salendo sul palco. In altre parole: narrate la storia del vostro personaggio, descrivendo quello che avete impersonato e dunque interpretato . Saranno descrizioni che vi serviranno l'anno prossimo, quando riprenderemo le prove di questo spettacolo, che porteremo a Les écolades (festival di cultura che riunisce le scuole della Svizzera romanda e della Svizzera italana) a La Chaux-de-Fonds http://www.ecolades.ch/ , dal 3 al 5 maggio 2013. A presto!
Al supermercato:
RispondiEliminaUn uomo guarda la cima dello scaffale e chiama un commesso
"Signore,scusi mi può dire il prezzo di questo articolo?"
"Certamente signora, quale articolo?"
"Il caffe in alto, in cima allo scaffale, quel pacchetto grande, pesante e costoso."
Dopo lunghi minuti in cui il commesso
Tira fuori una scala per raggiungere il punto più alto dello scaffale dove giace il costoso pacco di caffe.
Una volta arrivato il commesso scende e porge il caffe al cliente.
"Ecco a lei signore"
"Cosa me ne faccio?"
"Beh lo compra"
"No io volevo solo sapere il prezzo non lo volevo comprare, ora lo rimetta al suo posto"
Compiti per venerdì 10 gennaio: ogni componente del gruppo scriva
RispondiElimina- nome del personaggio che verrà interpretato;
- status sociale, età, carriera e professione, se lavoratore;
- hobby e possibile sogno o sogni nel cassetto;
- il prodotto o i prodotti che cerca e le motivazioni del possibile acquisto.
La stanza dove avviene l’incontro è la suite Palace dell’hotel Splendid di Lugano.
RispondiEliminaSono le ore 15.15.
Io sono Nicole Gardner e questa è un’intervista fatta alla ragazza che in questo periodo sta avendo un successo incredibile nel settore delle chat erotiche.
Appena apro la porta della splendida camera (mi manca il fiato N.d.R.) un odore inebriante di gigli mi invade le narici; sulla mia destra c’è un mazzo di fiori gigante con un biglietto rosso rubino che spicca tra tutti quei fiori bianchi.
Il sole brilla in un cielo primaverile; le tende della stanza si muovono sinuose trasportate dalla corrente che filtra dalla finestra come se danzassero su una melodia udibile solo a loro.
“Esse” non sembra essere nella stanza.
Non sono mai stata una persona puntuale, anzi nella mia giovinezza ero sovente in ritardo, ma oggi non potevo, oggi dovevo essere puntuale, non capitano tutti i giorni interviste di questo genere (sono veramente ansiosa N.d.R.).
Decido, così, di andare a prendere una boccata d’aria sul balcone, ma appena metto la testa fuori un rapido movimento cattura il mio sguardo.
Mi giro.
La vedo.
Sta seduta su una sedia di ferro battuto laccata di bianco, indossa una vestaglia color porpora che le lascia scoperte le lunghe gambe ed una parte del petto.
I suoi lunghi capelli corvini sono sciolti e si allargano sulla schiena formando un ventaglio.
Si gira verso di me con nonchalance e mi fa segno di aspettare la fine della telefonata (solo adesso mi rendo conto che è al telefono N.d.R.), poi imperterrita continua a limarsi le unghie accennando ogni tanto un “oh si, cossì ti piace eh?” oppure “dimi parola puorca!” al suo interlocutore.
Decido di aspettarla dentro (ero un po’ a disagio N.d.R.).
Dopo qualche minuto mi raggiunge e si lascia cadere con estrema grazia sul divano in faccia alla poltrona sulla quale sono seduta.
Prima che possa incominciare con qualsiasi domanda “Esse” scoppia in una risata cristallina e mi chiede scusa per l’attesa e per avermi messa in imbarazzo; dice che la mia faccia paonazza sconcertata farà fatica a dimenticarla.
Dopodiché ordiniamo due tazze di the alla rosa canina e siamo pronte per incominciare.
Come prima domanda voglio sapere se posso conoscere il suo vero nome, in modo da instaurare con lei un rapporto più profondo.
Esse, con il suo tono di voce suadente mi risponde:
• “Certi cara, mio vero nome è Svetlana Novikova, ma tuti, miei amici e clienti e conoscenti mi chiamano “Esse”. Pero oggi giorno speciale qvindi chiami me come vuoi”
RispondiEliminao “Allora Svetlana, poiché siamo già in ballo, ti va di raccontarmi cosa fai nella vita?”
• “Allori, io lavori in una chat telefonica erotica, tu prima hai assistito ad una di quelli” –ridacchia ancora. Poi diventa subito seria ed il suo sguardo si perde nel vuoto, lontano.-
“Quand’eri piccola io volevi fare la ballerina, volevi ballare al Teatro Bol'šoj con grandi stelle come Majja Pliseckaja, ma vita non va mai come ci programmiamo, non trovi?”
Lo dice con una malinconia che mi s’insinua nel cuore. Cerco con lo sguardo qualcosa che indichi un infortunio, ma tutto il suo corpo, a partire dalle gambe, è candido ed immacolato.
Non mi è chiaro il perché non abbia perseguito questa sua passione che ora è diventata rimpianto.
Glielo chiedo, le chiedo cosa le ha impedito di realizzare i suoi sogni.
Mi risponde che non è una bella storia, che non finisce bene ma che è vera, e di storie vere ce ne sono poche ai nostri tempi.
Prima di incominciare si porta alle labbra la tazza fumante e sorseggia la sua tisana rossa.
Uno, due, tre sorsi, poi la ripone.
I suoi occhi si perdono in un ricordo lontano, lontano da me, dalla stanza… poi riprendono vita e si posano su di me.
Ricambio lo sguardo, cercando di rassicurarla, non so cosa mi stia per raccontare ma non sembra facile parlarne con una sconosciuta.
Mi sorride timidamente, respira profondamente, gioca con una ciocca di capelli in modo violento.
Infine incomincia a raccontare la sua storia.
• “Come si può capire da mio acenti e nome io venghi da Russia, dala grande e belissima Moscow.
Mia familia era numerosi ed io ero unica femina e più picola, qvesto significa solo avanzi. Così io non mi sono mai lamentata, studiavi e mi esercitavi a ballare da sola in mia cameretta qvando nessuno poteva vedermi.
Li ani– si ferma e ridacchia, dice che ani non era la parola che voleva usare- … li anni passavano e qvando arrivai ai 7, la mia vita cambia per sempri.
(improvvisamente si incupisce e si raggomitola)
Era una sera come tante altri passate, in casa non c’era nessuni, ed io ballavi con un publico di pupazzi che mi aplaudiva.
Improvvisamenti alle mie spalle qvalcuno applaudiva sul serio.
Due mani forti e callosi mi presero da dietro, alla mia picola vita, e mi spinsero sul letto libero –di mio fratello Vlad- e poi la mia vità da bambina andò in frantumi.
Il mio papa mi ruppe.”
Faccio fatica a mantenere lo sguardo, devo bere un sorso di qualsiasi cosa. Sono senza fiato, dispiaciuta ma allo stesso tempo voglio sapere di più. Dopo un breve, o lungo, silenzio Svetlana ricomincia a parlare:
• “Avevo 8 anni, qvando mio papa mi feci conoscere i suoi amici.
Avevo 8 anni qvando smisi di uscire di casa.
Avevo 8 anni qvando capii che mia vita sarebbe stata così fino a quando sarei stata in quela casa.
A 16 scappii qvi in Svizzera con mia amica Katja, che mi insegnò un poco di italiano. Così promisi a me che non avrei fatto più del male a mio corpo e anima, in qvesto modo usai nome segreto, Esse, e incomincia a lavorare in chat –mi guarda mortificata-… era unica cosa sapevo fare, far star bene uomini.”
Si prende un altro momento di pausa, si alza, sempre con grazia e si porta alla finestra con un passo leggero, quasi stesse volando.
RispondiEliminaSi gira verso di me ed il suo viso è rilassato.
Continua:
• “Pero non meto emozioni in quelo che facio ora!
Io parli al telefono stacata da qvelo che dico, ne parlo per strada, mentre mi meto smalto, mentre facci spesa… forse è qvesto che mi fa vivere bene, io ho vita, amici e lavoro che paga bene, molto bene, ma che non mi fa male, non più.
Quando parli al telefono è come se staccassi mie emozioni e diventassi robot (Svevi si mette a fare una mossa da robot), recito una parte, divento apatichi, -no, non è qvesta parola giusta- apatica ma, una volta riattaccato ricomincio a prendere coscienza dei miei gesti e di mie parole.”
Non so se essere sconcertata o ammirare la sua forza.
Non mi aspettavo una simile dichiarazione.
Ora che ci penso non so cosa pensavo di fare con questa intervista, volevo conoscerla meglio, nel settore è la migliore ed ha solo 22 anni.
Per smorzare la tensione le chiedo cosa fa quando è al telefono al supermercato.
• “beh, qvando io vadi fare spesina, io compri sempre smalti.
Sai a me piace loro odori, quelo un po’ dolce e un po’ marcio… come fiori putrido, ma con profumino ancora –ride e mi fa annusare le sue unghie laccate di rosso- (in effetti non è molto buono N.d.R).
La cosa divertente qvando telefono suona in supermercato è che io parlo continuando a fare mie cose, senza dare peso a qvelo che dico, ma le persone da fuori rimangono scandalizati.. poverini! –ride- dovresti vedere le loro facie, sono come qvela che hai fato tu un’ora fa!!”
Esperienza magnifica,liberatrice
RispondiEliminaquando gli uomini imparano ad aiutarsi l'un l'altro.
Ciascuno di noi ha un immenso bisogno
d'essere ascoltato realmente
d'essere preso sul serio
d'essere capito in profondità.
Nessuno può svilupparsi liberamente
nessuno può vivere pienamente
senza sentirsi capito
almeno da una persona.
…
Ascoltate invece le conversazioni
tanto fra le nazioni che fra le coppie
quasi sempre
sono dialoghi tra sordi.
-Paul Tournier
Questa poesia mi ha fatto riflettere sulla nostra idea iniziale, quella di trasmettere un'assenza di comunicazione, ognuno é perso nella sua realtà e non riesce ad entrare in sintonia con l'altro.
Sempre, a livello di comunicazione, ho letto un libro molto interessante che tratta della ' scoperta di sé stessi', all'interno vengono trattati temi come
RispondiElimina'La comunicazione, i rapporti interpersonali:'
e ho pensato potessero servirci da spunti per creare le nostre conversazioni tra i personaggi al supermercato. Il libro s'intitola 'Perchè ho paura di dirti chi sono ed é di John Powell', l'ho trovato su uno scaffale della mio soggiorno e mi ha fatto pensare molto in questi ultimi giorni.
Ciascuno di noi si protegge dagli altri 'barricandosi dietro la sua arroganza,la sua ipocrisia, i suoi atteggiamenti sofisticati'. Nel libro a questo punto mi ha colpito una frase:' Ogni individuo sembra essere lì per vivere la propria solitudine assieme agli altri'.
Questa situazione é quella che avviene utilizzando il quinto stadio di comunicazione, i personaggi comunicano fra loro con frasi convenzionali: ' Come va? È guarito tuo fratello? Cosa hai fatto nelle vacanze? Che bella borsa! A presto! Ci sentiamo!.'
Pensavo dunque di iniziare la scena facendo interagire i personaggi in questo modo, molto superficialmente.
Nel film il laureato viene descritta questa situazione, da Paul Simmons:
'Nella nuda notte io vidi
diecimila persone, forse di più.
Chiacchieravano senza parlare
sentivano senza ascoltare
scrivevano canzoni che mai voci avrebbero condiviso.
E non c'era chi osasse
disturbare i suoni del silenzio.'
Le interazioni tra i personaggi potrebbero ora complicarsi un po', ed é cosi che entreremmo nel quarto stadio della comunicazione, e si potrebbero avere dei dialoghi basati sul riferire i fatti.
RispondiEliminaUn esempio potrebbe essere un dialogo tra due personaggi riguardo Svetlana, riguardo a quello che fa, magari esagerando le sue vicende passate, magari con commenti fuori luogo.
Il nostro gruppo é il gruppo dell'apatia, é un gruppo di persone che ha paura (?) di essere accettato dalla società, e se affronta il rischio di rivelare alcuni giudizi e decisioni é molto cauto. Alla minima smorfia, occhiataccia si tira indietro.
A questo punto ci sarebbe il secondo stadio della comunicazione, quello delle emozioni.
Un altro passaggio del libro a riguardo:'Nessuno sperimenta il mio stesso senso di frustrazione, soffre per le mie stesse paure, sente le mie medesime passioni. Nessuno si oppone alla guerra con la mia indignazione...' Insomma, é chiaro che le emozioni sono fondamentali per interagire con gli altri, ma noi, abbiamo deciso di rimanere nella nostra bolla di sapone, fragilissima, di non uscire. Noi siamo apatici, non trasmettiamo emozioni. Siamo molto più bravi a fingere, ci basiamo su un rapporto superficiale, sulla finta empatia.
Ed é qui che avverrebbe la svolta: a questo punto della storia, dopo vari dialoghi privi di senso, dopo una bella litigata alla cassa sul migliore prodotto, dopo tanti scambi di idee é chiara la mancanza di profondità dei personaggi, la loro assenza di sentimenti. Ed é in questo momento che avviene il black out, l'elettricità non passa più, ci ritroviamo tutti al buio.
RispondiEliminaEd é al buio che lentamente usciamo dalla nostra bolla di sapone, nel libro che fornisce un'enorme quantità di spunti, viene presa in considerazione una metafora dell'uomo in prigione: ognuno di noi é in una cella ma la porta non é sprangata, egli é liberissimo di andarsene ma ha paura dei pericoli che può incontrare fuori, si sente protetto là dietro i muri della prigionia.
'egli é interiormente diviso, da una parte un bisogno quasi disperato di quel mondo, di quella gente, dall'altra parte una paura quasi disperata d'esser respinto se uscisse dall'isolamento.'
In questo momento decidiamo di uscire dalla bolla di sapone, dalla prigione e comunichiamo. Senza filtri, realmente. ' Siamo come degli strumenti musicali che suonano esattamente la stessa nota e che danno esattamente lo stesso suono.'
Insomma, l'idea del balletto classico in sintonia dovrebbe rappresentare questo: i nostri personaggi comunicano, evadono dalla realtà e si aprono gli uni con gli altri.
I nostri personaggi sono capaci di entrare in sintonia solo al buio, perchè poi al riaccendersi delle luci tutto tornerà come prima, ci sarà chi farà finta di niente e chi scapperà spaventato.
Io interpreto un venticinquenne di nome Arturo. Egli è un cassiere annoiato e disinvolto di un supermercato. Arturo lavora solo per poter campare (come del resto molte persone al giorno d’oggi fanno). Durante le ore di punta la sua mente viaggia, viaggia lontano da quell'orribile lavoro. Al di fuori dal suo lavoro, egli è una persona come tutte le altre: interagisce con le altre persone, si interessa su fatti a lui non chiari, vive in serenità e segue la sua più grande passione: fare lunghe camminate riflessive per la natura, l’unica azione che gli riempie il cuore di felicità. Insomma al di fuori dal negozio il personaggio cambia del tutto personalità: il lavoro è per lui come un oppressione che giorno dopo giorno peggiora e fa aumentare la malinconia della libertà.
RispondiEliminaIl suo sogno più grande è quello di, un giorno, non dover lavorare per un capo, per una persona che sta sopra di lui e sentirsi dire dalla mattina alla sera fino all’ultimo giorno del pensionamento cosa deve o non deve fare.
L’unico prodotto che vorrebbe in cima ad un scafale, ma che purtroppo non ci sarà mai e mai potrà essere comprata, è la libertà.
Molte persone giudicheranno questo personaggio un rivoluzionario, un nullafacente e forse anche un immaturo ragazzino che sogna ad occhi aperti cose che mai e poi mai potranno essere realizzate, ma che in fondo la maggior parte di noi spera in un mondo molto simile a quello nella mente di questo umile cassiere.
Sono una studentessa, ho appena finito gli esami di maturità.Ho appena compiuto 19 anni e mi chiamo Diana Ponti. Ora é il momento di sceglier l'università, é tutto così stressante.Non so cosa fare, dove iscrivermi. Mi sembra quasi di soffocare, tutti si aspettano che faccia la scelta giusta e io non ho nessuna idea di come fare. Le aspettative degli altri mi hanno sempre messo ansia. Ho sempre avuto paura di non essere abbastanza, la voce di mio padre rimbomba ancora nella mia testa, da quando ero una bambina come una registrazione rotta... “sei un'incapace, non andrai da nessuna parte in questo modo”. Sono cresciuta così, diventata grande troppo in fretta, con troppe responsabilità. E ora sono persa, mi sto rendendo conto che devo crescere, le decisioni che prenderò ora saranno quelle definitive che mi porterò dietro tutta la vita.
RispondiEliminaMi é sempre importato troppo di quello che la gente pensava di me, ma adesso basta, sono stufa.Non sono il tipo di ragazza che riesce a relazionarsi bene con gli altri, sono sempre un po' assente, distante. Ho troppa paura di essere giudicata, forse questo é il problema più grande.
Mi preoccupo troppo, l'unico modo per rilassarmi e dimenticarmi delle aspettative e delle responsabilità che ho é disegnare, figure astratte principalmente, così da staccarmi dalle voci, dai pensieri. In modo da evadere dalla scelta dell'università. Disegno figure, linee, a volte dipingo addirittura su tela.
Odio fare la spesa al supermercato, gli unici prodotti che mi piacciono acquistare sono le tisane. Quelle per rilassarmi, per dormire e per staccarmi dallo stress quotidiano. La camomilla é il miglior prodotto in vendita, riscalda nelle serate di inverno, concilia il sonno, coccola e fa dimenticare di problemi, delle paure. Attutisce tutto, riesce a farmi scivolare in una dimensione ovattata, dove anche le mie preoccupazioni più grandi sembrano insignificanti.
Questa é solo idea, devo ancora ragionare sul mio personaggio!
RispondiEliminaSamuel: "Io ho creato mentalmente il mio personaggio dandogli le sembianze di un folle e gentile nobiluomo inglese di trent’anni di nome Sir.Foolish o’Connor con l’hobby della caccia. Un giorno, ponendosi domande impossibili, filosofiche e poetiche: su chi fosse lui, se avesse o no un anima, se fosse lui o no la sua anima o se fosse in un sogno.Si estrania da tutto distaccandosi da ogni sentimento, non arrivando a una soluzione alle sue domande. Egli aspira alla risposta di tutte le sue domande Cerca quindi un fucile che riesca, con il suono del suo sparo ad aprirgli la mente o un libro con pagine vuote già riempite di scritte che sarebbero in fatto le risposte che cerca
RispondiEliminaHo anche una poesia per descrivere i quesiti che si pone.
ho io un'anima?
RispondiEliminaho io una ragione?
é qui che nasce
il pensiero
ed é qui che muore
questa sottile lama
perquote da sempre
il mio io interiore
ho io un pensiero?
ho io potere?
qui si crea
ed é qui che si distrugge
io sono forse in un sogno?
o sono forse io un sogno?
sono forse vivo?
posso io amare?
posso io divenire amore?
posso io scomparire
senza mai farmi nominare?
ho io un preciso destino?
o sono il mio preciso destino?
ho io un'anima?
o sono io la mia anima?
io sono ciò che posso?
o sono ciò che immagino?
io sono ciò che creo?
o sono ciò che distruggo?
io sono colui che scrive?
o sono colui che legge?
io sono voi?
anime convinte
o voi siete me?
anime tormentate
detesto del pensier
queste domande
mi estranio dal conviver
con queste lame"
Samuel
Io mi chiamo Jonas Valker,
RispondiEliminaSono alla ricerca della conoscenza; è il mio unico obbiettivo. Ansia. La mia vita mi è indifferente, anzi, mi schifa. Passo le giornate sui libri, trasmettono quella fredda conoscenze che mi permette di assopire l'illusione e la falsità filosofica che scuote l'animo ed è avversa alla ragione. Io provo piacere nel sapere. Io un giorno farò parte della classe dirigente poiché così mi è stato detto; di certo non ci arriva chi crede nella moralità, nella fiducia o nell'amore, ma piuttosto, chi sa.
Lo strumento della ragione è quello con cui potrò pormi al di sopra di chiunque altro. È lo strumento del potere e dell'oppressione.
La mia vita è il frutto dell'errore di applicazione di apparati medico-scientifici, oppure della loro scarsa qualità dovuta alle fabbriche di questi fottuti musi gialli che annacquano la nostra economia. Mia madre mi ha sempre odiato perché non mi ha mai desiderato. Mio padre passava le giornate ad ubriacarsi e a scopare con puttane di strada; Russe immigrate del cazzo. Ho 22 anni e sto finendo gli studi; non vedo l'ora di andarmene da questo fottuto posto, la mia vita sembra il cliché del tipico Americano sfigato senza genitori. Io voglio essere qualcosa di più, per questo studio, e quando non studio mi drogo per cancellare ciò che mi circonda. Sono solo e mi piace farmi compagnia; sono l'unico che parla volentieri con me; ma un giorno io sarò di più, il lusso sarà mio amico e nessuno potrà sgridarmi, punirmi, fermarmi. Perchè io studio e non amo; so e non sogno; calcolo e non reagisco. In un momento di lucidità decido di dirigermi in un supermercato poiché mi mancano alcune cose in casa, vivo in una topaia, solo, da circa otto anni. Prendo pasta, carta igienica e un po' di burro, non mi importa la qualità ma cerco di risparmiare il più possibile; non me ne frega molto. Io ci lavoro in questo cazzo di posto, praticamente ci vivo. Ho scoperto che anche i cinesi studiano e la loro carne costa di meno. Questo però che cazzo di diritto gli da per essere il direttore mentre io pulisco i pavimenti lordati da clienti e superiori con la mia inutile laurea? Carta Straccia. Torno a casa, un pacchetto nuovo di sigarette in tasca, prendo la mia scatola e mi preparo ad un'altro viaggio in un passato sporco di merda che immaginava un florido futuro. Predestinazione o Caste. Futuro e Ricordi. Ragione e Illusione. L'importante è sentire la parola fine.
Forse sono un po' stressata, spesso quando entro al supermercato non ho molto tempo da perdere, sono nervosa, devo tornare a fare cose più pratiche. Detesto fare la spesa, e questo si nota, la gente che passeggia assorta, che si perde tra gli scaffali mi scoccia, non ho tempo... Essere una studentessa é faticoso, ci sono moltissime cose da fare, esami per cui studiare e bisogna organizzarsi. Bisogna muoversi velocemente, diretti al punto, diretti allo scaffale, diretti alla cassa. La gente mi guarda, mi punta il dito contro, è dietro di me mi giudica, li sento dire che una ragazza che neanche ha vent'anni non dovrebbe comportarsi cosi, non dovrebbe essere cosi tesa. Sento che hanno da ridire sulla mia buona educazione, non do precedenza alle vecchiette con il carrello.
RispondiEliminaIo mi preoccupo troppo di quello che pensano gli altri, da bambina mi hanno sempre ripetuto di non alzare la voce, di non rispondere male, di non uscire vestita in modo poco decoroso, di non bestemmiare. E tutte queste voci sono dentro di me. Non posso fregarmene.
La gente chissà cosa pensa di me...di sicuro mi giudica. Penserà che sono una schizzata probabilmente, una schizzata che ha ricevuto troppo dalla vita, una viziata figlia di papà, una che neanche sa cosa vuol dire avere un problema veramente. Io, in fondo devo solo scegliere l'università.
Eppure,..ogni tanto mi sembra di soffocare, e la paura di non essere all'altezza é sempre presente, sono tutti meglio di me, sanno fregarsene dei pensieri degli altri, vivono bene, tranquillamente.
E allora voglio essere io a giudicare per prima, cerco di seguire gli schemi dettati dalla società, so quali sono le cose disdicevoli, quelle amorali,quali sono i tabù, sono intrappolata, imprigionata in questi schemi. E non riesco ad uscirne,... quelle persone, cosi libere, che si esprimono senza troppe preoccupazioni, quelle donne cosi sensuali, cosi intriganti, che sanno farsi guardare, ma non attirano sguardi di disprezzo o giudizi come se fossero dei bambini ansiosi cresciuti troppo in fretta, quelle donne che sanno cosa vuol dire sentirsi desiderate... le invidio.
Ho sempre avuto paura di espormi troppo, in questa società cosi assillante, non mi sono mai sentita donna forse, non mi sono mai sentita sensuale. Ed é questo che mi dà più problemi: il confronto con gli altri.
Io ho bisogno di calmarmi, di rilassarmi, di rendermi conto che dopotutto tutta questa ansia non ha senso, cerco il confronto perchè é la cosa di cui più ho paura. Voglio sfogarmi, con chiunque, voglio affrontare le donne cosi aperte, cosi estroverse, voglio gettarle addosso tutto il mio disprezzo voglio urlare, e so di non usare parole mie, sono tutte frasi già sentite dire, frasi che non mi appartengono, dettate dalla morale.
Ed é cosi, avvicinandomi e mascherandomi dietro a frasi fatte che cerco me stessa. Ed é cosi che scopro il mondo, quello vero, quello che nessuno mi ha mai spiegato. Dico di volere una tisana calmante, entro al supermercato con lo scopo di rifornire la mia dispensa di camomilla e il più delle volte torno a casa dopo la spesa con tre- quattro tipi diversi di camomilla, solo perchè ho bisogno di fermarmi, fare bollire l'acqua e inalare l'odore del thè caldo, ho bisogno di fermarmi e smettere di pensare troppo, voglio vedere l'acqua che cambia colore, che si scurisce, che cambia. Voglio cambiare anche io.
-Gaia
Io l'anima ce l'ho.
RispondiEliminaSì, la sento dentro di me, si muove, fluttua nei miei pensieri e nel mio cuore, sebbene io abbia avuto una vita dura.
L'infanzia mi è stata strappata ancor prima di poterle dare dei ricordi, ora in quella parte della memoria aleggia solo dell'odore nauseabondo del dopobarba che usava mio padre.
Il mio candore coperto da uno strato pesante di schiuma bianca.
Sono cresciuta prima del tempo, sono cambiata, cambiamento che non tutte le persone fanno nella loro vita, eppure sono qui, ed ho la forza di parlarne, a testa alta.
Ammetto che non è stato facile trovare una via di fuga da questi eventi traumatici, anzi tutt'ora mi perseguitano negli incubi, ma non mi sono lasciata soffocare da dipendenze nocive come la droga, l'alcool, no io volevo dimenticare e continuare a vivere.
Per questo motivo dovevo eliminare quell'odore pungente che mi perseguitava ovunque andassi. Ho provato con aerosol al mentolo tre volte al giorno, poi sono passata a provare a respirare solo con la bocca (il che diventava impossibile duranti i pasti) e poi ho trovato la mia ancora di salvezza.
Lo smalto BLU NOTTE.
Era una giornata di fine inverno, stavo seduta sulla mia sedia di ferro battuto in veranda e mi stavo mettendo lo smalto. Una volta passata la seconda mano feci prendere aria alle unghie agitando le mie braccia come se avessi delle ali, poi le portai vicino alle labbra per soffiarci sopra. Prima, però, inalai.
Un brivido di piacere intenso mi percorse la schiena, nella mia testa scoppiarono un sacco di fuochi d'artificio, tanti piccoli pop-corn colorati, poff poff, volavo.
Questa è stata la mia prima esperienza di overdose da smalto.
Da quando la provai l'odore di dopobarba scomparve come l'ombra dell'uomo pesante che mi veniva a trovare.
Per questo motivo ne vado a comperare una quantità industriale nel negozietto in paese, è l'unico che ha quell'odore così penetrante ed asfissiante da fammi dimenticare quelle oscenità e darmi la possibilità di vivere una giornata serena.
Mi si chiede che cosa cerco, forse un nome, ma come si può cercare qualcosa quando si è persi all'interno della propria stessa anima? (tralasciando quell'idiota che filosofeggia solo per il gusto di sentirsi parlare).
RispondiEliminaIo sono in questo posto rinchiuso come un usignolo nella gabbia; sono perfettamente consapevole di quello che sono e quanto valgo, sono gli altri che non comprendono il mio valore; maledetta democrazia. Senza di essa ci sarebbero molti meno problemi, non ci sarebbero inutili guerre per le risorse prime o stupide lotte civili per l'acquisizione di diritti; hai bisogno di petrolio? Bene! prendi un equipe di negri e qualche cinese e li metti per pochi spiccioli a bucare la terra che alcuni osano chiamare "madre". Ma quando mai il grembo di una madre può diventare la tua stessa tomba? Noi siamo letteralmente degli aborti della nostra stessa madre! Rimaniamo nel suo grembo per tutta la vita e poi moriamo per essere riassorbiti e trasformati in elementi fondamentali che verranno usati per generare altri aborti... un terribile circolo vizioso che alcuni chiamano VITA! Dove cazzo la vedete la vita qua dentro?!
Siete tutti qui, chi con un cellulare e chi con un fucile; voglio uscire non solo perché è finito il mio turno di lavoro ma perché non riesco a sopportare la vista di un'umanità che non riesce più a vedere oltre il suo stesso naso. Voi non avete paura della morte? Non vedete che qualcosa oltre di voi vi porta all'inutile tentativo di dare un senso alla vostra esistenza? Io voglio essere il vostro maestro. Ho studiato per farlo. Io potevo salvarvi ma voi mi avete messo in questo angusto locale a pulire lo sporco della sporcizia... io pulisco gli scarti di esseri che sono essi stessi scarti; esiste forse una forma più bassa di frustrazione e inutilità?
C'è chi cerca la speranza, c'è chi cerca passione; c'è chi semplicemente, e sono in assoluto il gruppo più folto, si uccidono fra consanguinei per SESSO e POTERE. Considerando che dopotutto il potere è una forma di perversione sessuale allora il centro stesso del desiderio umano è il sesso. Come faccio io ad allontanarmi da un desiderio comune alla mia specie? Non posso! Sono un scarto e ho i desideri degli altri scarti. Aspetto solo di essere tirato fuori dal magazzino, come le vivande scadute di cui mi sto occupando, e di essere buttato via così da concludere questa storia. Questo è quello che cerco; che però non si può dire la morte. Voglio allontanarmi, essere solo non basta, tanto da essere, in un certo senso, sopra a tutti gli altri. Ora che so che non posso dominarli, come sempre mi era stato detto, con la ragione, gli studi, e la capacità, decido di dominarli uscendo dall'insieme di definizione; perché se sei fuori da un insieme allora puoi sorvegliarlo, osservarlo e in un certo senso influenzarlo. Io non potrò mai essere diverso ma sicuramente posso essere una "merda d'artista".
Non fui mai anima viva e non fui mai nemmeno vivo.Essendo io nato e cresciuto nell'agio e nella ricchezza, non ho mai dovuto veramente lavorare, non ho mai veramente dovuto pensare, né ho mai dovuto plasmare il mio io interiore, ci hanno sempre pensato i miei genitori e insegnanti. Con l'avanzare dell'età questo buco ,lasciato dal essere biologicamente vivo ma mentalmente un automa, si é trasformato in uno stato fondamentale di dubbio o dubbi, dubbi che partono dalla fondamentale delle domande. Cosa sono io? Sono vivo? Ho io un' anima?
RispondiEliminaQueste domande hanno bisogno di una risposta e la risposta è in sé la vita, quelle sensazioni forti che ti portano a capire di essere realmente vivo come ad esempio la paura o la sorpresa. Il mio personaggio ha bisogno, e solo ora me ne accorgo, di un solo proiettile e uno soltanto perché sebbene lui cerchi, attraverso la caccia, di trovare la sua anima in tutti i modi, la preda non ha il fucile, deve essere presa con un colpo solo.
Altrimenti non è leale.
Non capisco tutte queste aspirazioni ad una non omoglogazione immaginaria, l'autocommiserazione tipica di chi non è abbastanza furbo da farsi i fatti suoi, e sbandiera davanti a tutti una prestesa diversità; al contempo però sono contento che ci sia gente così, costa meno del cinema.
RispondiEliminaL'unica cosa che cerco è di annoiarmi di meno, e queste persone sicuramente servono, almeno in parte, allo scopo.
Io sono una persona come tutte le altre: provo sentimenti, mi rallegro, mi rattristo, sorrido,… anche se quando sono a lavoro questa mia parte rimane nascosta dentro di me. Fare il cassiere mi toglie ogni emozione e voglia di vivere, l’unica cosa del mio lavoro che mi rallegra, è la busta paga. Tutti i clienti che entrano, mi parlano dei loro problemi e della loro vita, come se a me interessasse qualcosa. Come entro alla mattina nel negozio, i miei sentimenti vengono gettati via, come se diventassi una persona nuova. Trovo che questa non sia vita, questa è oppressione. Io non sono libero di vivere, e sicuramente questo lavoro mi impedisce di esprimere le mie emozioni.
RispondiEliminaIl mio più grande desiderio, oltre ad avere abbastanza soldi da non dover più lavorare in quell’orribile negozio, è quello di un giorno essere libero: dove non ci sarà nessuno che mi dirà cosa devo o non devo fare.
Non è molto che vivo in questa città, le persone quindi non mi conoscono ancora bene ma sicuramente lo faranno presto.
RispondiEliminaIo porto disordine e voglio impressionare la gente, in senso positivo o negativo per me non ha importanza. Ho bisogno di attenzione da parte di tutti, sono egocentrico e narcisista. Siccome non ho nulla di interessante da dire mi comporto in modo sconveniente e arrogante, rendendomi antipatico alla maggior parte delle persone che incontro. Ma questo è l'unico modo in cui riesco a rimanere nella memoria delle persone ed è ciò che voglio.
Tutto deve andare come lo voglio io perche io sono il re della strada!
sempre Vincenzo -17 gennaio 2014 (su fb)
EliminaIo interpreto Fred Stanley e ho 23 anni. Lavoro come impiegato d'ufficio, dove la vita é monotona e mi sento in gabbia. Quando però riesco a liberarmi di questa pesantezza esplodo di movimento e di vivacità, ballando o semplicemente muovendomi mi sento me stesso. Il prodotto con il quale mi identifico é il gel per capelli con il quale posso modificare il mio aspetto e mi aiuta a sentirmi diverso da quell'animale d'ufficio che non voglio essere.