la possibilità del Cambiamento




Quali sono le Epoche di cui parlerete?





E il Cambiamento cosa riguarderà?
Esponete i vostri approfondimenti.

(Fotografia di opera di allievi dell'Accademia di Architettura di Mendrisio, lì esposta, dicembre 2013, e lavoro teatrale di venerdì 20 dicembre)

Commenti

  1. Compito per venerdì 10 gennaio: ideate il dialogo della scena centrale, dove si incontrano i diversi personaggi, definendo con evidenza le epoche che i vostri personaggi rappresentano e adattando il linguaggio all'epoca.

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  2. Gruppo CAMBIAMENTO

    (Neda, Sandu, Sophia, Elena, Arianna)


    Personaggi

    Arianna:
    uomo primitivo e istintivo (Homo erectus) che è più propenso a fidarsi dei sensi che della ragione. Proviene dall’Africa orientale (regione dell’attuale Kenya).
    Muore in un incendio.

    Elena:
    russa, trasferitasi e sposatasi con un filosofo a Firenze nel 1300. Donna intellettuale che però mostra superbia e arroganza nei confronti del Terzo stato (persone di classi sociali medio-alte, non appertenenti né alla nobiltà né al clero). Vive a Firenze con il marito che gode di mecenatismo.
    Vittima della sua stessa arroganza, muore avvelenata dai servi di corte.

    Sandu:
    scienziato vissuto a Liverpool durante la rivoluzione industriale e convinto che la scienza possa portare alla conoscenza illimitata e che il progresso scientifico sia un grande bene.
    Muore ucciso dalla sua medesima creazione.

    Neda:
    anarchica della seconda metà del ‘900; lotta per la libertà e l’uguaglianza attraverso la violenza e la soppressione delle forze dell’ordine (“black bloc”).
    Durante una rivolta la polizia la uccide a manganellate, reagendo alla sua violenza.

    Sophia:
    hacker/informatica facente parte di un’organizzazione simile alla NSA; vive negli USA nel XXI secolo. Attraverso il suo lavoro vuole promuovere la sicurezza generale dei cittadini e impedire la criminalità. A un certo punto diventa lei vittima dello spionaggio di altri agenti e, a causa di un malinteso, viene identificata come una terrorista e muore torturata.


    Scena

    Tutti i personaggi giacciono a terra e la luce è fioca, la scena è quasi buia. Arianna si alza con curiosità e timore per il luogo e i personaggi sconosciuti; si avvicina a Sandu, incuriosita, e lo colpisce varie volte. Sandu si sveglia e tramite dei gesti e qualche parola cerca di tranquillizzare l’ominide (che si allontana inciampando in Neda) e inizia a ispezionarla. Questa, per istinto di protezione, si accovaccia su sé stessa. A causa del rumore si svegliano anche Sophia e Elena. Osservando la scena Neda si alza capendo di non essere in pericolo. I personaggi, osservando gli altri e i loro dintorni, non capiscono immediatamente né in che luogo si trovano, né con chi hanno a che fare; gli altri personaggi gli paiono certamente strani, ma hanno l’idea che possano provenire da altri tempi.
    SA (cercando di capire cosa succede): Scusate, ma chi sarebbe il padrone di questo luogo?
    E (con arroganza): Certamente non sono io la padrona di questo squallido postaccio!
    N (con scherno): Che caratterino!

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  3. Bellissimo! Lavoro interessante!
    Una richiesta: usate i nomi dei personaggi (non degli attori) per descrivere le scene e i dialoghi! Li avete scelti.
    Quando avete tempo, continuate con i dialoghi, definendo con sempre più cura le caratteristiche dei personaggi, scegliendo un elemento di base (istinto, altezzosità, saccenteria, violenza, bontà?).

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  4. Io Blob figlio di Blorck, australopiteco in savana Ballaboba.
    Io mangia, prende pulci buone in pelicia, scapa cativi grosi animali, sale su alberi e dorme con ochio aperto. Poi notte, tante nuvole; caduta luce colorata come erba savana e calda calda. Blob molto curioso. Blob va verso tracia luce e parte-sua-scimmiesca dice lui:"Blob tu NO avicina, cori via!", ma Blob vuole capire, lui molto curioso,... .Blob molto vicino, Blob vicinissimo luce. Blob ruba pezeto luce per guardare ma questa molto apicicosa. Comincia a atacarsi tutto pelo Blob e pure c'è puzapuza. Blob core finalmente ma luce lui insegue... tutto diventa nero... Blob apre ochio e tutto ancora scuro ma subito Blob vede figure sdraiate vicino che si stano svegliando. Blob mai visto animali con pelicie cosi. Blob impaurito. Dove sua savana ? Blob core e cerca riparo in luogo scuro.

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  6. Ashley: ” lavoro per il governo, mi occupo della sicurezza dei cittadini americani. Più precisamente ascolto le conversazioni al telefono, visito i siti in cui vanno, guardo dove vanno e soprattutto con chi. Cosi facendo, se qualcosa non mi torna, posso dare l’allarme. Ormai il lavoro è diventato la mia vita, la mia vita è il mio lavoro. Ascolto e osservo. Sono brava ad ascoltare ed ad osservare ma non sono piu capace a relazionarmi con delle persone in carne ed ossa... ho perso tutti i miei amici del liceo perché li controllavo.. lo facevo per la loro sicurezza ma loro non lo hanno capito.”
    Ashley s’intrappola nel bisogno di ascoltare tutte le conversazioni, tanto che cominciano ad ascoltare anche lei...In questo modo a qualcuno non torna ciò che fa e viene arrestata. Durante la prigionia la interrogano e la torturano per farle confessare dei delitti di cui le è totalmente all’oscuro. Durante la torture dell’acqua Ashley muore.
    Sulla scena Ashley crede di essere ancora sotto il controllo del governo. Il mio obbiettivo sulla scena è di ritrovare me stessa e la giusta dimensione.

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  7. Paul Watt è uno scienziato specializzato nello studio dell'essere umano. Il suo progetto più importante prevede la creazione di esseri viventi simili agli umani da tessuti morti. Da questi esperimenti è nato Herby, suo fedele compagno e assistente in laboratorio.
    Paul è particolarmente interessato alle teorie evoluzionistiche di Lamarck e di simili naturalisti nell'ambito dell'evoluzione dell'uomo, infatti è affascinato dalle caratteristiche antropiche della "scimmia" che trova nel luogo del risveglio.
    Il signor Watt crede fermamente nel progresso, in particolare scientifico, ma, paradossalmente, pur desiderando quest'incremento di movimento di azione e di velocità che il progresso porta con sé, ha bisogno di qualcuno che abbia tempo e pazienza per contemplare il suo lavoro, qualcuno a cui lo possa mostrare e spiegare, ed è anche per questo che Paul, pur non essendone consapevole, ha creato Herby (e sta ancora generando altre creature).
    Sandu

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  8. Avendo avuto il medesimo problema di Nicole con il blog pubblico qui il commento per il mio personaggio, il quale non ha potuto scriverlo da se visto che non sono ancora riuscita ad insegnargli come usare un mouse...

    Blob, figlio di Blork, un Australopithecus afarensis dell’Africa meridionale,
    ha un unico scopo: SOPRAVVIVERE.
    Il quasi ominide possiede un piccolo piccolo cervellino (seppur abnorme messo a confronto con quello dei rozzi e arretrati cugini Ardipithecus) la cui parte più primitiva influenza molto le sue azioni. Per questo motivo le giornate di Blob sono un susseguirsi di attività come: la ricerca di cibarie, la ruminazione di quest'ultime, la digestione delle sostanze nutritive, l'auto-spulciamento, l'auto- e collettivo scaccolamento, l'espulsione gli scarti derivanti dai pasti e tante altre necessarie e allegre attività. Ciononostante Blob ha un intesse maggiore per le cose che lo circondano e una capacità d’osservazione diversa da quella di una qualunque scimmia di montagna; l’australopiteco, trovato un oggetto, lo guarda incuriosito tastandone i lati e, a volte (come nel caso del sua nuova magnifica-pesantissima-profumata-di-muffa-ornata-di- licheni clava), lo adopera per aiutarsi in qualche attività della giornata. Questa sua peculiarità è dovuta al suo, seppur inconscio, bisogno di auto-migliorarsi, caratteristico della sua famiglia di Australopithecus e che è il principio dell’evoluzione dalla scimmia all’uomo.
    Blob - Arianna

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  9. Katherine Schneider:
    Sono cresciuta in un mondo in cui le ingiustizie fluttuavano nell’aria e venivano respirate diventando irrimediabilmente parte di noi. E così venivano costretti a scegliere se abbracciarle o se combatterle. Questa era la prima grande domanda che il mondo ci poneva. Non si poteva attendere a dare una risposta. Il mondo era esigente. Lo è ancora. Così io scelsi di combatterle, per me, per coloro che non avevano la forza di opporsi violentemente a questa società. Nell’esatto momento in cui si trova la via da percorrere si giunge ad un secondo incrocio: come combattere questo grande male. E lì le possibilità diventano infinite. Infinite strade come infinito è l’universo e le sfumature dell’animo umano.
    Penso che la natura umana sia malvagia, che le mani che forgiarono l’uomo erano sicuramente fatte di ombre e di tenebre. Certamente per questo le sue decisioni vengono dettate da questa nera natura. I nostri occhi sono specchi di questo vortice impetuoso. I nostri corpi nuvole temibili e sconosciute. L’egoismo è parte di questo vortice. È il più grande maestro d’orchestra mai esistito. Dirige gli atti, dirige le parole. Il suo scopo è evidente e non celato: vuole creare disuguaglianze e seminare la discordia fra gli uomini. I più potenti lo abbracciano e lo accolgono come il morente accoglie grato l’ultimo respiro che la vita gli dona. Coloro che scelgono di contrastarlo lo combattono. Io faccio parte di questi temerari. Siamo una piccola minoranza che si batte per coloro che voce non hanno e per coloro la cui paura per i potenti sopprime ogni istinto di sopravvivenza fino ad annullarsi nei loro fasulli voleri. Questa è stata la mia prima scelta. Subito ho intravisto guerre e battaglie che si stagliavano all’orizzonte e che mi sussurravano che la violenza era l’unica maniera per imporsi; bisognava ripagare con la medesima moneta quei potenti che mangiavano la terra e prosciugavano i fiumi con i loro desideri, con la loro fame di ricchezza. Sentivo che la mia voce era udita solo se unita a quella di altri, in modo che potessimo formare un vento feroce che potesse devastare questo deserto che è il mondo, nella sua calma attesa di cambiamento. Il mondo era sulla soglia di un precipizio ma nessuno aveva il coraggio di buttarsi e vedere dove sarebbe finito. Decisi che quel coraggio lo avrei avuto io. Per tutti.

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  10. Volevo che ogni uomo fosse totalmente libero e selvaggio, che ogni suo desiderio potesse trasformarsi in azioni senza restrizioni di ogni sorta. Per ottenere ciò bisogna annullare ogni forma di governo fino a giungere ad una società orizzontale in cui la gerarchia si annichilisce restituendo il potere a coloro che subirono i torti dell’egoismo. La Storia ha eterni esempi di governi che crollano sotto le spinte dei ceti deboli stanchi della tirannide. E i partiti servono lo scopo, cadono nell’errore di sottovalutare il fascino del potere e divengono quello che hanno sempre rifuggito. C’è una citazione di Pierre-Joseph Proudhon che amo particolarmente: “tutti i partiti senza eccezione, nella misura in cui propongono la conquista del potere, sono varietà dell’assolutismo”. Ed ecco la vera natura di coloro che vengono assoggettati al potere e alla tenue aurea che esso sprigiona; finiscono per diventare dittatori e schiavi di loro stessi. Divenni così un’anarchica. Ci si pongono altre domande nel corso della vita, come ad esempio: qual è il limite invarcabile che separa la ribellione dalla tirannia dalla tirannide stessa? O meglio fino a che punto ci si deve spingere per raggiungere i propri scopi? Sicuramente pensavo che la violenza fosse necessaria: la forza si esprime attraverso la crudeltà e alla freddezza d’animo, solo in quel modo si riesce ad opporsi ad un potere talmente viscido e strisciante che ha invaso le anime delle persone privandole di una volontà propria. E così cominciarono le manifestazioni, le maschere che ci coprivano dal fumo e dai gas dovuti alle bombe improvvisate con cui tentavamo di cambiare questo mondo ingiusto. Le molotov erano il fuoco che ardeva i nostri cuori sotto forma di oggetto concreto, permettevano la distruzione fisica dei simboli che ci opprimevano. Eravamo fiamme che divampavano bruciandoci, questo era vero, ed era anche vero che avevamo la convinzione che dopo tutte queste lotte avremmo trovato la meritata pace. Quell’armonia tanto agognata. Ognuno vedeva un futuro diverso ma tutti ne conoscevano le radici più profonde e intime. Forse il bisogno che mi spingeva era quel vento di cambiamento che soffia in tutti noi e che ci spinge verso un’eterna progressione. Ma certamente la via che avevo scelto errava nel semplice fatto che sovvertiva al principio al quale si puntava: ricercavo la pace nella violenza. Due principi totalmente opposti che credevo indivisibili. Forse l’essenza dell’uomo risiede nei suoi errori e nella sua attrazione verso il vortice. Forse l’umanità è quel vortice.

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  11. La morte di Katherine:
    Era una mattina, le tenebre erano appena state sconfitte dai primi raggi di sole. Il sangue nelle vene mi rimbombava incessantemente nelle orecchie. Era così per tutti. Mi ricordo che stordiva. Non bastava però a coprire quel totale silenzio che precedeva lo scontro, la battaglia, la guerra. Pure i sospiri erano trattenuti. Mi ricordo che voltandomi vidi tutti pronti, vidi i cartelloni volteggiare come bandiere al vento. E poi gli occhi che lasciavano intravvedere i sogni di tutti, unico spiraglio tra quelle macchie nere. Senza neppure un segnale iniziamo a muoverci all’unisono, uno squadrone buio che sciama per le vie della città. Iniziarono le grida di protesta, era un’unica voce che giungeva alle orecchie di tutti. Ci furono i primi scoppi, le prime vetrine in frantumi. Una vetrina ci bloccava il passaggio, ma non è riuscita ad arrestarci. La nostra marcia è continuata. Ricordo che un’auto è rotolata per strada e in quel momento ho lanciato una bottiglia incendiaria che bruciò i sedili. Siamo arrivati nella piazza e lì le forze armate ci aspettavamo con i manganelli sfoderati e i caschi che brillavano al primo sole. Era tutto cominciato nella notte e sarebbe finito sotto il sole. Eravamo due eserciti schierati che si scrutavano in attesa di una mossa nemica. Ci siamo fiondati contro di loro e essi hanno alzato in un fischi i manganelli a colpirci. Soffocate le prime urla mi sono giunte alle orecchie, questa volta nessuna pietà. L’odore che dominava era quello del sangue che usciva dalle ferite di tutti noi uomini, allora uno contro l’altro. E poi sono stata colpita a un braccio. Mi sono voltata cercando di reagire e di sfuggire a quelle mani guantate di blu. Poi ne sono arrivati altri e per me tutto è finito. Sentivo il sangue strisciare a terra dopo ogni colpo e colorare di rosso la terra, sentivo il sangue invadermi la bocca e il naso impedendomi di respirare. I calci rabbiosi di coloro che erano convinti di difendere la loro quiete mi perforavano la pancia e le gambe così impotenti da non riuscire a proteggerla. Ormai ero loro e la mia anima si stava spezzando come avevo fatto io con migliaia di vetri. Il mio cuore bruciava come la notte che illuminavamo con le nostre bombe. E poi tutto divenne buio e il nulla mi accolse tra le sue molteplici mani.
    Volevamo plasmare con la violenza un mondo armonioso. La furia e la rabbia che ci guidavano ci hanno resi ciechi come una massa sanguinante che marciava muta verso il patibolo. Il suo. Volevamo mobilitare tutto il mondo, unificarlo ma realmente lo combattevamo, il popolo. Lo avevamo reso nostro nemico e combattevamo contro uomini che eseguivano solo ordini di persone spietate. Erano guidati dalla nostra rabbia e agivano attraverso le nostre mani. Abbiamo combattuto gli uomini e non i comandanti. Ci siamo combattuti e ci siamo uccisi. Tutti pensiamo che dopo l’orrore e la paura vi è la tranquillità e la pace. Non è così, la vergogna e lo sgomento dominano i sensi.

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  12. Black bloc:
    Gruppo di individui prevalentemente di stampo anarchico celebre per le sue azioni di protesta spesso caratterizzate da atti vandalici, disordine e scontri con le forze dell’ordine. I loro obbiettivi principali sono quelli di manifestare il proprio dissenso di fronte ad uno stato di polizia repressivo e di mettere in atto e di trasmettere una critica di stampo anarchico. Le azioni tipiche sono: marciare in blocco allo scopo di creare un forte effetto visivo a sostegno della protesta intrapresa, cercare lo scontro diretto con le forze dell’ordine, costruire barricate, uso sistematico del vandalismo e della distruzione di simboli del capitalismo allo scopo di attirare l’attenzione sui loro obbiettivi, deviare dai percorsi impostati dalle autorità ai cortei autorizzati, distraendo e ingannando le forze dell’ordine circa i propri movimenti, liberare individui trattenuti in fermo dalle forze dell’ordine. Gli obbiettivi principali della distruzione sono le costruzioni istituzionali, le banche, i negozi, le stazioni di benzina e apparati di videosorveglianza.

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  13. di Elena: Studio. Questa è la base della nostra esistenza.
    Da quando sono piccola ho sempre amato sperimentare e scoprire, anche se non erano cose femminili. Amavo legare le mie bambole ad un pezzo di stoffa e buttarle dalla finestra per vedere che rotazioni ed acrobazie avrebbero fatto. Quando Amelia, la nostra cuoca, cucinava delle polpette, mi divertivo a tirarle con il cucchiaio e vedere fino a quale piatto sarebbero riuscite ad arrivare.
    Questo comportamento però non era accettato dai miei genitori, quindi mi proibirono questi giochi strani e mi costrinsero a imparare a ricamare, cucire, camminare e comportarmi da signora. Il matrimonio con Filippo de Bernardi fu programmato quando noi eravamo molto piccoli. Così nella mia giovane età andai a stare da loro. Per fortuna suo padre era un gran uomo e non la pensava come i miei. Mi dette l'occasione di studiare nelle più prestigiose accademie e dedicarmi alla materia che più amavo: la filosofia.
    Alla fine dei miei studi e quelli di mio Marito ci trasferimmo nella casa di Cosimo de Medici. Io divenni tutrice personale di Piero de Medici, primogenito di Cosimo detto anche il vecchio. Visto che dopo la mia ampia istruzione avevo capito quanto fosse fondamentale poter accedere allo studio, volevo che anche la gente comune lo capisse, e visto che fuori da corte ancora non potevo fare molto, decisi, ispirandomi ad Ipazia,di dare un opportunità a tutte le persone a palazzo non istruite di seguire delle mie lezioni,durante i miei momenti liberi della giornata. Ma non tutti compresero questo mio gesto, fui criticata da molti, ma rimanevo comunque della stessa opinione. Perché il mio personale non poteva accedere a tutto il sapere che era stato scoperto negli anni? Anche loro erano creature di Dio come lo ero io, e ne avevano il diritto. Con grande sforzo riuscì a trovare un ampia stanza dove svolgere le lezioni. Ma con mio grande stupore e rammarico non tutta la servitù comprese il mio gesto. Non si impegnavano e non gli importava per niente tutto quello che gli stavo insegnando. Così feci queste lezioni obbligatorie per tutti, sopratutto per la servitù che mi stava più accanto. E di questi ovviamente faceva parte anche Susanna. Un paio di volte credo mi disse che era molto impegnata con il lavoro a corte per poter seguire le lezioni, ma io non le detti per niente ascolto perché sapevo che stavo facendo la cosa giusta per lei, ed un giorno, quando l avrebbe capito ,sarebbe venuta a ringraziarmi! Ma mi sbagliavo, al posto di apprezzare il mio impegno per lei, ogni giorno di più iniziava a detestarmi e a cogliere in ogni mia parola rabbia e disprezzo nei suoi confronti che assolutamente in realtà non c'erano. Nel suo cuore stava accumulando odio, e così un giorno tutto questo esplose come un fuoco d'artificio. È questo che purtroppo non ho capito quando ero in vita, che anche se le persone ogni tanto compiono degli errori devono capirlo da soli, senza che nessuno gli imponga niente. Devono imparare dai propri sbagli, ed anche io l ho fatto, tardi, ma l ho capito.

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